Stilnovo: l'immagine della donna
La salvezza viene dalle donne.
Nel Purgatorio compaiono molte donne - e sono figlie, mogli, figure storiche e religiose, allegorie e simboli- che aiutano i penitenti, li spronano e li guidano.
Li attirano con la loro bellezza e li vincono con la carità. L'amore che ispirano è tutto spirituale ed implica un processo di elevazione che è esperienza interiore, tesa a conquistare la vita eterna.
Qualità positive accomunano Pia de' Tolomei (V), la Filosofia che accorre come “donna santa e presta” a scacciare la “femmina balba” (XIX), Nella di Forese Donati (XXIII), Lia (XXVII), Matelda nel Paradiso terrestre, le allegorie delle 7 Virtù, ed infine Beatrice-Teologia, dalla bellezza insostenibile.
La Vergine compare inoltre negli esempi di virtù proclamati in tutte le cornici.
Da un lato quindi Dante continua a rielaborare, anche nella Commedia, l'esperienza letteraria e filosofica degli anni 1280 - 1300 quando, con altri rimatori toscani aveva teorizzato una maniera nuova di parlare d'amore: un amore diverso da quello sensuale dei poeti cortesi, cantato in uno stile più composto e musicale, e dalla sintassi meno contorta ed oscura. Una poesia capace di esprimere la lode di un essere perfetto.
Il poeta toscano Bonaggiunta Orbicciani, seguace di Guittone d'Arezzo, riconosce perciò la novità del programma poetico appena enunciato da Dante (XXIV).
Ma dall'altro lato, proprio nella Commedia, questo programma appare già superato perché Dante si è già volto ad un'altra poesia, più forte, impegnata e profetica (XXXII, 100 - 105).
Purg.28, 37 - 69, Guido Cavalcanti, In un boschetto trova' pasturella (Rime)
“Matelda è la figura della condizione umana prima del peccato, quando l'uomo abitava nel paradiso terrestre dove ella ancora abita.” (C.S.Singleton, Viaggio a Beatrice).
Il critico propone di rileggere i versi che presentano questa figura femminile del Purgatorio ( Canti 28-33) paragonandoli con quelli della famosa “pastorella” di Guido Cavalcanti, in cui una giovane senza nome dona al poeta la gioia d'amore in un sereno ambiente primaverile.
In un boschetto trova' pasturella
più che la stella, bella al mi' parere.
Cavelli avea biondetti e ricciutelli
e gli occhi pien d'amor, cera rosata;
di sua verghetta pasturava agnelli;
discalza, di rugiada era bagnata;
cantava come fosse innamorata;
er'adornata di tutto piacere.
D'amor la saluta' imantinente
e domandai s'avesse compagnia;
ed ella mi rispose dolzemente
che sola sola per lo bosco gia
e disse “Sacci, quando l'augel pia
allor disia il me' core drudo avere”
Po' che mi disse di sua condizione
e per lo bosco augelli audio cantare,
fra me stesso diss'i' :”Or è stagione
di questa pasturella giò pigliare”
Merzè le chiesi sol che di basciare
ed abbraciar, se le fossi 'n volere.
Per man mi prese d'amorosa voglia
e disse che donato m'avea il core;
menommi sotto una freschetta foglia,
là dov'i vidi fior d'ogni colore;
e tanto vi sentì gioia e dolzore
che 'l die d'amore mi parea vedere.
Per la somiglianza di atteggiamenti, di elementi descrittivi e stilistici, l'apparizione di Matelda (Purg.28), preceduta da quella di Lia in sogno (Purg.27, 94 - 108), ripete lo schema lirico del genere “pastorella”, ma trasmette un diverso significato.
Suggerisce cioè al lettore il desiderio di innocenza, di rettitudine e di gioia, qualità che “ebbe un tempo Adamo nell'Eden” e che ora sono irrimediabilmente perdute.
Si tratta ancora una volta dell'”allegoria dei poeti” per la quale una bella favola diventa figura di una verità spirituale.