Benché proibita in vari Concili, la musica fu molto diffusa e apprezzato dal Duecento, nelle corti di Federico II e di altri sovrani, nelle ville toscane, come risulta dal Decamerone di Boccaccio quando alla fine di ogni giornata un giovane intona una canzone amorosa.
Così nelle ricorrenze e nelle feste nuziali, dove le fanciulle dovevano danzare con modestia.
Strofe, ritornelli, cori, mani intrecciate nel ballo, strumenti come la cornamusa, il cembalo, il tamburo a sonagli, la chitarra, il liuto,la viola, il violino, la giga (ted. Geige) poi trombe, tube, flauti e nacchere sono documentati nelle opere artistiche del tempo.
Di trovatori e trovieri in lingua d'oc e d'oil restano 259 melodie che accompagnavano i versi con vari ritmi e tonalità, molto più gradevoli ed espressive del trasognato ed indistinto gregoriano ecclesiastico.
Tra i musicisti del tempo si ricordano Francesco Landino, detto “il cieco degli organi”, inventore di uno strumento multiplo (tipo organo portatile), Casella affettuoso e il pigro chitarrista Belacqua, nominati da Dante nei canti 2° e 4°.