Canto XXX
Riassunto
La processione si ferma, uno dei vegliardi canta il Cantico dei cantici, tutti rispondono con acclamazioni di giubilo, tratte dai Vangeli e dall'Eneide: ed ecco apparire Beatrice, simbolo della teologia, su cui gli angeli fanno ricadere una nuvola di fiori (vedi Allegoria).
Ma a questo punto Dante, per due terzine, sembra sospendere la complessità della visione allegorica per esprimere l'umana commozione di chi dopo tanto tempo rivede all'improvviso la donna amata: “E lo spirito mio che già cotanto/ tempo era stato ch'a la sua presenza/ non era, di stupor tremando, affranto,/ sanza degli occhi aver più conoscenza,/ per occulta virtù che da lei mosse,/ d'antico amor sentì la gran potenza.”
Dove l'ultimo endecasillabo è la traduzione del virgiliano “Adgnosco veteris vestigia flammae” dell'Eneide IV, 23, qui in un contesto letterario che appartiene allo Stilnovo.
Nel frattempo Virgilio è scomparso e Beatrice severa “quasi ammiraglio” rimprovera Dante per aver tardato a pentirsi. Ma gli angeli intonano il Salmo “In te, Domine speravi” Dante piange e ascolta dalla sua donna la storia della vita passata, le proprie potenziali virtù, il sostegno di Beatrice giovinetta, il traviamento dopo la morte di lei, e la salvezza tramite la visione delle pene infernali, sotto la guida di Virgilio.
Canto XXX
Testo integrale
Canto XXX, dove narra come Beatrice apparve a Dante e Virgilio il lasciò, e lo recitare per l’alta donna de la incostanza e difetto di Dante, e qui l’auttore piange i suoi difetti con vergogna compuntiva.
Quando il settentrïon del primo cielo,
che né occaso mai seppe né orto
né d’altra nebbia che di colpa velo, 3
e che faceva lì ciascuno accorto
di suo dover, come ’l più basso face
qual temon gira per venire a porto, 6
fermo s’affisse: la gente verace,
venuta prima tra ’l grifone ed esso,
al carro volse sé come a sua pace; 9
e un di loro, quasi da ciel messo,
’Veni, sponsa, de Libano’ cantando
gridò tre volte, e tutti li altri appresso. 12
Quali i beati al novissimo bando
surgeran presti ognun di sua caverna,
la revestita voce alleluiando, 15
cotali in su la divina basterna
si levar cento, ad vocem tanti senis,
ministri e messagger di vita etterna. 18
Tutti dicean: ’Benedictus qui venis!’,
e fior gittando e di sopra e dintorno,
’Manibus, oh, date lilïa plenis!’. 21
Io vidi già nel cominciar del giorno
la parte orïental tutta rosata,
e l’altro ciel di bel sereno addorno; 24
e la faccia del sol nascere ombrata,
sì che per temperanza di vapori
l’occhio la sostenea lunga fïata: 27
così dentro una nuvola di fiori
che da le mani angeliche saliva
e ricadeva in giù dentro e di fori, 30
sovra candido vel cinta d’uliva
donna m’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva. 33
E lo spirito mio, che già cotanto
tempo era stato ch’a la sua presenza
non era di stupor, tremando, affranto, 36
sanza de li occhi aver più conoscenza,
per occulta virtù che da lei mosse,
d’antico amor sentì la gran potenza. 39
Tosto che ne la vista mi percosse
l’alta virtù che già m’avea trafitto
prima ch’io fuor di püerizia fosse, 42
volsimi a la sinistra col respitto
col quale il fantolin corre a la mamma
quando ha paura o quando elli è afflitto, 45
per dicere a Virgilio: ’Men che dramma
di sangue m’è rimaso che non tremi:
conosco i segni de l’antica fiamma’. 48
Ma Virgilio n’avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre,
Virgilio a cui per mia salute die’ mi; 51
né quantunque perdeo l’antica matre,
valse a le guance nette di rugiada
che, lagrimando, non tornasser atre. 54
"Dante, perché Virgilio se ne vada,
non pianger anco, non piangere ancora;
ché pianger ti conven per altra spada". 57
Quasi ammiraglio che in poppa e in prora
viene a veder la gente che ministra
per li altri legni, e a ben far l’incora; 60
in su la sponda del carro sinistra,
quando mi volsi al suon del nome mio,
che di necessità qui si registra, 63
vidi la donna che pria m’appario
velata sotto l’angelica festa,
drizzar li occhi ver’ me di qua dal rio. 66
Tutto che ’l vel che le scendea di testa,
cerchiato de le fronde di Minerva,
non la lasciasse parer manifesta, 69
regalmente ne l’atto ancor proterva
continüò come colui che dice
e ’l più caldo parlar dietro reserva: 72
"Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice.
Come degnasti d’accedere al monte?
non sapei tu che qui è l’uom felice?". 75
Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;
ma veggendomi in esso, i trassi a l’erba,
tanta vergogna mi gravò la fronte. 78
Così la madre al figlio par superba,
com’ella parve a me; perché d’amaro
sente il sapor de la pietade acerba. 81
Ella si tacque; e li angeli cantaro
di sùbito ’In te, Domine, speravi’;
ma oltre ’pedes meos’ non passaro. 84
Sì come neve tra le vive travi
per lo dosso d’Italia si congela,
soffiata e stretta da li venti schiavi, 87
poi, liquefatta, in sé stessa trapela,
pur che la terra che perde ombra spiri,
sì che par foco fonder la candela; 90
così fui sanza lagrime e sospiri
anzi ’l cantar di quei che notan sempre
dietro a le note de li etterni giri; 93
ma poi che ’ntesi ne le dolci tempre
lor compartire a me, par che se detto
avesser: ’Donna, perché sì lo stempre?’, 96
lo gel che m’era intorno al cor ristretto,
spirito e acqua fessi, e con angoscia
de la bocca e de li occhi uscì del petto. 99
Ella, pur ferma in su la detta coscia
del carro stando, a le sustanze pie
volse le sue parole così poscia: 102
"Voi vigilate ne l’etterno die,
sì che notte né sonno a voi non fura
passo che faccia il secol per sue vie; 105
onde la mia risposta è con più cura
che m’intenda colui che di là piagne,
perché sia colpa e duol d’una misura. 108
Non pur per ovra de le rote magne,
che drizzan ciascun seme ad alcun fine
secondo che le stelle son compagne, 111
ma per larghezza di grazie divine,
che sì alti vapori hanno a lor piova,
che nostre viste là non van vicine, 114
questi fu tal ne la sua vita nova
virtüalmente, ch’ogne abito destro
fatto averebbe in lui mirabil prova. 117
Ma tanto più maligno e più silvestro
si fa ’l terren col mal seme e non cólto,
quant’elli ha più di buon vigor terrestro. 120
Alcun tempo il sostenni col mio volto:
mostrando li occhi giovanetti a lui,
meco il menava in dritta parte vòlto. 123
Sì tosto come in su la soglia fui
di mia seconda etade e mutai vita,
questi si tolse a me, e diessi altrui. 126
Quando di carne a spirto era salita,
e bellezza e virtù cresciuta m’era,
fu’ io a lui men cara e men gradita; 129
e volse i passi suoi per via non vera,
imagini di ben seguendo false,
che nulla promession rendono intera. 132
Né l’impetrare ispirazion mi valse,
con le quali e in sogno e altrimenti
lo rivocai: sì poco a lui ne calse! 135
Tanto giù cadde, che tutti argomenti
a la salute sua eran già corti,
fuor che mostrarli le perdute genti. 138
Per questo visitai l’uscio d’i morti,
e a colui che l’ ha qua sù condotto,
li preghi miei, piangendo, furon porti. 141
Alto fato di Dio sarebbe rotto,
se Letè si passasse e tal vivanda
fosse gustata sanza alcuno scotto 144
di pentimento che lagrime spanda".