Iacopo Passavanti - Specchio di vera penitenza

introduzione


Il frate domenicano Jacopo Passavanti (1302-1357) appartenne alla generazione successiva a quella di Dante, fu priore al convento di S.M. Novella e nella Quaresima del 1354 tenne delle prediche che, rielaborate, confluirono nel suo trattato sulla confessione intitolato “Lo specchio della vera penitenza” in cinque parti.

Esso contiene numerosissimi esempi, alcuni dei quali sviluppano una vera e propria narrazione a partire da repertori quali le Vitae Patrum, i Factorum et dictorum memorabilium libri di Valerio Massimo o altre raccolte che costituivano la fonte dei predicatori medioevali.

citazione

Purg.24, Giudizio di Dio contro chi presume vanamente del tempo a venire: Es.7


Non è speranza, ma cieca presunzione, che quello del tempo ch’è a venire, l’uomo venamente disponga. Contro a questi cotali mostra Iddio spesse volte giudicio visibile di giusta vendetta, togliendo loro il tempo che superbamente usavano contro a Dio, e che prosuntuosamente isperavano di lunga vita. Leggesi iscritto da Elinando, che in Matiscona fu uno conte, il quale era uomo mondano e grande peccatore, contro a Dio superbo, contro al prossimo spietato e crudele. Et essendo in grande stato, con signoria e colle molte ricchezze, sano e forte, non pensava di dovere morire, né che le cose di questo mondo gli dovessono venire meno, né dovere essere giudicato da Dio.

Un dì di pasqua, essendo egli nel palazzo propio attorniato di molti cavalieri e donzelli, e da molti orrevoli cittadini, che pasquavano con lui; subito uno uomo iscognosciuto, in su uno grande cavallo, entrò per la porta del palazzo, sanza dire a persona niente; e venendo in sino dove era il conte colla sua compagnia, veggendolo tutti e udendolo, disse al conte: Su, conte, lévati su e séguitami. Il quale, tutto ispaurito, tremando si levò, e andava dietro a questo isconosciuto cavaliere, al quale niuno era ardito di dire nulla. Venendo alla porta del palazzo, comandò il cavaliere al conte, che montasse in su uno cavallo che ivi era apparecchiato; e prendendolo per le redine e traendolosi dietro, correndo alla distesa, lo menava su per l’aria, veggendolo tutta la città, traendo il conte dolorosi guai, gridando: Soccorretemi, o cittadini, soccorrete il vostro conte misero, isventurato. E così gridando, sparì degli occhi degli uomini, e andò a essere sanza fine nello ’nferno co’ demonii.

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