Iacopo Passavanti - Specchio di vera penitenza

introduzione


Il frate domenicano Jacopo Passavanti (1302-1357) appartenne alla generazione successiva a quella di Dante, fu priore al convento di S.M. Novella e nella Quaresima del 1354 tenne delle prediche che, rielaborate, confluirono nel suo trattato sulla confessione intitolato “Lo specchio della vera penitenza” in cinque parti.

Esso contiene numerosissimi esempi, alcuni dei quali sviluppano una vera e propria narrazione a partire da repertori quali le Vitae Patrum, i Factorum et dictorum memorabilium libri di Valerio Massimo o altre raccolte che costituivano la fonte dei predicatori medioevali.

citazione

Purg.5, 103 - 129


Buonconte racconta una tenzone tra un angelo e un diavolo per il possesso della sua anima. Il teme è comune nell'arte medioevale, nella scultura romanica, nella pittura e nelle prediche.


Es.4: Disputa tra gli angeli e i demoni


Leggesi (e ’l venerabile dottore Beda lo scrive) ch’ e’ fu un cavaliere in Inghilterra, prode dell’arme ma de’ costumi vizioso; il quale, gravemente infermato, fu visitato dal re, ch’ era un santo uomo; e indotto che si dovesse acconciare dell’anima, confessandosi come buono cristiano, rispose e disse che non era bisogno, e che non volea mostrare d’avere paura, ned essere tenuto codardo e vile. Crescendo la ’nfermità, il re venne un’altra volta a lui; e confortandolo e, come avea fatto prima, inducendolo a penitenzia e confessare i suoi peccati, rispose: Tardi è oggimai, messer lo re; imperò ch’io sono già giudicato e condannato, chè male a mio uopo che non vi credetti l’altro giorno, quando mi visitasti e consigliastemi della mia salute, chè, misero a me! ancora era tempo di trovare misericordia. Ora, che mai non foss’io nato, m’è tolto ogni speranza; chè poco dinanzi che voi entrasti a me, vennono due bellissimi giovani, e puosonsi l’uno da capo del letto e l’altro dappiè, e dissono: Costui dee tosto morire: veggiamo se noi abbiamo veruna ragione in lui. E l’uno si trasse di seno uno piccolo libro scritto di lettere d’oro, dove, avvegna che prima io non sapessi leggere, lessi certi piccoli beni e pochi che io avea fatti nella mia giovinezza, innanzi che mortalmente peccassi; né non me ne ricordava. E avendone grande letizia, sopravvennero due nerissimi e crudelissimi demonii, e posono dinanzi a’ miei occhi uno libro aperto, nel quale erano iscritti tutti i miei peccati e tutti i mali ch’io avea già mai fatti, e dissono a quelli due, che erano Angioli di Dio: Che fate voi qui? con ciò sia cosa che in costui nulla ragione abbiate, e che il vostro libro, già è molti anni, non sia valuto niente. E guardando l’uno l’altro, gli Angioli dissono: E’ dicono vero. E così partendosi, mi lasciarono nelle mani degli demonii: i quali con due coltella taglienti mi segano, l’uno da capo e l’altro da piede. Ecco quello da capo ora mi taglia gli occhi, e già ho perduto il vedere; e l’altro ha già segato insino al cuore, e non posso più vivere. E dicendo queste parole, si morì.

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